La conferenza sulla Fondazione
universitaria chiesta dall'assemblea di Ateneo e, forse a denti
stretti, convocata dal Rettore non è stata solo un'occasione per
dibattere su di un argomento destinato a cambiare gli assetti
dell'Università di Messina ma anche, e soprattutto, un limpido
spartiacque fra due modi di concepire ruoli, funzioni ed
Istituzione.
Tutto ieri è stato chiarissimo, anche
gli assordanti silenzi di coloro che usano veicolare i propri
convincimenti solo in privato, quasi di nascosto, clandestinamente.
Tutto ieri è stato adamantino e, per
una volta, ogni cosa è sembrata tornare al proprio posto, in
quell'angolo in cui ciascuno si aspettava che risiedesse.
Alle semplici domande, di Guido
Signorino, sulle incongruenze fra la legge e lo statuto della
Fondazione non è stata mai, mai, data risposta in un gioco delle
parti del tutto scontato e prevedibile perfino nelle non risposte del
novello consulente che si affannava a recitare la lezione sulla
“esclusività” dello strumento senza accorgersi della vacuità
del suo discorso, del suo essere perennemente fuori tema.
Tutti i presenti se lo aspettavano e
non sono rimasti delusi. Tutta ordinaria amministrazione.
Tutto nel preventivo, perfino l'assenza
di espressività nei volti dei Senatori accademici e dei Consiglieri
di Amministrazione rimproverati come scolaretti dal Rettore perché
colpevoli, a suo dire, di non aver avuto un sussulto di orgoglio al
“j'accuse” circa la legittimità del loro sedere in
Consessi comunque (temporalmente) scadenti.
Tuttavia l'aria diversa c'era e si è
respirata quando Antonio Saitta ha spalancato le finestre
dell'ordinario, dello scontato, del banale.
Il suo intervento, in quel contesto di
ordinaria prevedibilità, è stato, si, extra-ordinem:
straordinario.
Non ha avuto mano leggera il Saitta e
tuttavia, pur scagliando macigni, non ha mai perso il filo del
ragionamento razionale, dei rapporti causa-effetto, degli scenari
plausibili di un futuro, per l'Ateneo messinese, diversi, e migliori,
rispetto a quanto sino ad oggi pianificato, progettato, cospirato.
Un atteggiamento, uno stile ed un
livello di sensibilità istituzionale che sono stati amplificati a
dismisura dalla reazione scomposta, rancorosa, e stizzosa ('piccata'
come chiosa 'GazzettadelSud') di chi è stato messo, per sua
stessa mano, con le spalle al muro.
Senza più risposte sensate, senza più
giustificazioni appena plausibili al proprio agire, senza più un
futuro da cavalcare, senza più plaudirores capaci di
prevenire i suoi ordini, compiacerne i desideri.
Anzi, con il suo richiamo ai 'numeri',
fondamento della democrazia, il Rettore si confeziona la classica buccia
di banana e pure ci scivola: pubblicamente apre, forse en dépit de lui-même,
la campagna elettorale per la sua successione e contemporaneamente
legittima Saitta come “l'altro” in contrapposizione, il
nemico, l'avversario da battere.
Entrava aria pulita dalla finestra
spalancata e l'applauso scrosciante e costante tributato ad Antonio
Saitta quasi si materializzava come simbolo liberatorio per chi,
finalmente, risentiva parlare di Università dentro l'università, Un
applauso che assumeva vita propria e, insolentemente, non cessava ai
ripetuti, inutili e microfonati richiami ai lavori da parte del
Presidente dell'assemblea anzi: li sovrastava dispettoso, guascone,
libero.
E proseguiva lieto traversando l'Aula
Magna e carezzando l'anima dei presenti.
Perché c'è voglia di cavalcare nelle
praterie, dopo il lungo peregrinare nel deserto della
discrezionalità, dell'arbitrio, delle rottamazioni, delle istanze
neglette, delle petizioni inascoltate, dei beffardi voltafaccia,
delle proposte di 'certe' lauree onoris causa, dei
segreti verbali, degli inaccessibili bilanci, delle inconfessabili
frequentazioni, delle minacce ai 'fuori dal coro',
degli insulti alle minoranze, della sospensione della vita
democratica.
Ad Antonio Saitta non resta altro,
volente o nolente, che inchinarsi alla speranza da lui suscitata e
raccogliere il guanto di sfida 'dei numeri' scaraventatogli addosso.
Se il suo programma sarà all'altezza
delle emozioni e delle suggestioni da lui stesso evocate, la
maggioranza dell'onesta università gli procederà accanto con
convinzione e decisione.
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2 commenti:
Un pezzo così verace, bello e ispirato, in riferimento alle vicende del nostro Ateneo, non lo avevo mai letto! Mi viene da dire: Antonio Saitta è il prescelto, e Mauro Federico ne è degno bardo. Come si potrà non affiancarli?
enzo cicero
...'bardo' proprio mi mancava!
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