martedì 30 ottobre 2012

...rifondiamo la 'fondazione'


messina earthquake 1908

Rifondiamo la “Fondazione universitaria” di Messina


Lettera aperta al Rettore ed ai componenti
degli Organi di Governo dell’Università di Messina



L’Università di Messina, in assenza di ogni dibattito pubblico o discussione che abbia realmente coinvolto la comunità accademica, ha adottato delibere in merito alla nascita della fondazione dell'Università di Messina. Tali delibere, di importanza capitale sulla futura governance dell'Ateneo, appaiono di dubbia legittimità, in quanto in contrasto con le normative che le istituiscono e regolamentano.

Le fondazioni universitarie sono enti di diritto privato e nascono “al fine di realizzare l’acquisto di beni e servizi alle migliori condizioni di mercato” a favore delle Università, nonché di realizzare “lo svolgimento di attività strumentali e di supporto alla didattica e alla ricerca” (L. 388/00, art. 59). Il DPR 254/01, all’art. 2, premettendo che le fondazioni agiscono “a favore e per conto degli enti di riferimento”, definisce (limitandole ad esse) sette specifiche attività che le fondazioni universitarie possono svolgere, enfatizzandone le caratteristiche di promozione, sostegno e supporto a servizio delle attività istituzionali dell’Università; l’unica funzione di “gestione” prevista riguarda la “realizzazione e gestione, nell’ambito della programmazione degli enti di riferimento, di strutture di edilizia universitaria e di altre strutture di servizio strumentali e di supporto alle attività istituzionali degli enti di riferimento” (art. 2, n. 5): si tratta, in sostanza, della possibilità di delegare alle fondazioni la gestione degli immobili universitari o di servizi ancillari come vigilanza, pulizie eccetera, oppure la gestione di strutture quali gli incubatori di impresa, per favorire le attività universitarie di trasferimento tecnologico. Le fondazioni deve dunque avere una funzione meramente “strumentale” e non “gestionale” (essendo, come detto, l’unica attività gestionale prevista limitata alla gestione di “strutture”, e non di attività, ed assoggettata alla programmazione degli enti di riferimento) e devono offrire supporto all'Università, al cui servizio la fondazione stessa è vincolata ad agire, per facilitarla (e non sostituirla) nel raggiungimento dei suoi scopi istituzionali.


Contrariamente al dettato letterale della legge (in genere fedelmente riportato negli statuti delle altre fondazioni universitarie, ad esempio Bologna, Salerno, ecc.), nello statuto della fondazione dell’Università di Messina scompaiono sia la premessa della strumentalità e subordinazione agli scopi dell’Università, che la specificità degli scopi, per come enumerati dall’art. 2 del DPR 254/01. Inoltre, non risulta vero che l’azione della fondazione sia limitata (come spesso argomentato nei “sentito dire” circolanti nell’Ateneo) al campo della medicina. Si legge infatti all’art. 2 che “La Fondazione ha per scopo l’esercizio di attività strumentali, scientifiche e di supporto alla didattica ed alla ricerca in campo neuro oncologico, oncologico, agroalimentare e caratterizzazione di materiali e in altri settori di ricerca e in ogni altro progetto strategico che verrà individuato dal consiglio di amministrazione”. E più avanti (art. 3): “la Fondazione si propone di promuovere, organizzare e gestire strutture, progetti, eventi e ricerche anche interdisciplinari, attività formative comprese, istituire premi e borse di studio, svolgere attività di consulenza e formazione a favore di enti pubblici e privati”. Come si vede, le funzioni di “supporto” vengono ridimensionate (art. 2) o espunte (art. 3), mentre si introducono funzioni di “esercizio” e di “gestione” non contemplate dalla normativa: si tratta di attività sostitutive che contrastano con lo spirito della legge cui pretendono di ispirarsi. Abbiamo, infatti, l'incardinamento nella fondazione dell’Università di Messina di funzioni (dalla formazione alla ricerca, ai rapporti con gli enti territoriali) di competenza istituzionale dell’Università e dei suoi Dipartimenti. Inoltre, in eccesso rispetto a quanto perentoriamente previsto dall’art. 2 del DPR 254/01, viene assegnata alla Fondazione la facoltà accessoria di “compiere qualsiasi operazione mobiliare, immobiliare, nonché acquistare o vendere in qualsiasi forma brevetti, licenze e procedimenti di fabbricazione e beni mobili registrati”, potendo “svolgere operazioni di amministrazione e gestione dei propri beni volte alla migliore gestione ed amministrazione del proprio patrimonio”. Mentre scompare la dizione “in nome e per conto degli enti di riferimento” (l’Università), espressamente prevista dalla legge, si introduce un non contemplato principio di finalizzazione esclusiva e “interna” alla fondazione stessa.


Si deve presumere che l’estensore dello statuto abbia ritenuto di poter porre in capo alla fondazione universitaria le finalità e gli scopi generalmente previsti per le fondazioni private dal codice civile. Ma tale assunzione di compiti eccede in maniera evidente ed indebita i limiti posti dalla specifica normativa che regolamenta le fondazioni universitarie. La ratio di tale limitazione risiede nel fatto che la provenienza delle attribuzioni patrimoniali è, in tutto (come nel caso dell’Università di Messina) o in parte di provenienza pubblica. Non è dunque concepibile, in questa ottica la “privatizzazione” e l’autoreferenzialità delle finalità e delle azioni di gestione di una fondazione che, si ripete, secondo la legge dovrebbe agire “in nome e per conto degli enti di riferimento”.

Inoltre, l’Università si limita ad esercitare un blando potere di indirizzo nei confronti della fondazione, tramite la definizione di semplici “linee guida” (art. 16). La gestione della fondazione è delegata a Presidente, Consiglio di Amministrazione, Direttore Generale. E, se l’Università ha la facoltà di destituire per gravi motivi i componenti del CdA di propria nomina — anche se chi dovrebbe esercitare questa facoltà nell'ambito dell'Università non è dato sapere — nei confronti del Presidente non è previsto alcun meccanismo di revoca dell’incarico o di “sfiducia”; peraltro l’art. 11 parla contraddittoriamente di “nomina” e di “rielezione” per il Presidente, senza chiarire a quale soggetto (CdA dell’Università? Corpo accademico?) spetti tale potere. Infine, in maniera del tutto impropria, nell’art. 16, dedicato ai “rapporti con l’Università”, viene inserito un comma che regolamenta i rapporti di lavoro delle fondazioni: tale inserimento vuol forse dire implicitamente (ed impropriamente) che tra le risorse che l’Università trasferisce alla Fondazione possono includersi anche le risorse umane (le quali transiterebbero da una posizione di dipendenti della Pubblica Amministrazione alla condizione di dipendenti del settore privato)?

Le fondazioni nascono con lo scopo di costruire una “casa comune” tra Università e territorio. In tutta Italia, accanto all’Università, sono soci fondatori enti locali, banche, imprese, che partecipano alla dotazione patrimoniale del nuovo ente. A Messina unico “fondatore” è l’Università; ciò significa che il patrimonio della fondazione è attinto solo ed esclusivamente da essa. Risultato: l’Università riversa nella fondazione il suo patrimonio e crea una struttura verso la quale non ha un controllo diretto, delegandone di fatto la gestione ad un Presidente-dominus rispetto al quale non ha alcun potere di revoca.

Vi è da dire che l’art. 16 del DL 112/08 prevede la possibilità che le Università si trasformino in fondazioni, costituendo un ente di diritto privato integralmente “sostitutivo” dell’Università pubblica. In tal caso la fondazione (col concorso di tutti i soci) si fa carico della gestione integrale dell’Università e non crea, al suo interno, un ente di gestione autoreferenziale nei suoi scopi e competitivo coi Dipartimenti nelle sue attività.

In definitiva: siamo in presenza di un monstre, costituito in base ad una normativa della quale non vengono rispettati né lo spirito né la lettera. Si configura una fondazione non “strumentale”, ma (parzialmente) “sostitutiva”, che concentra in sé finalità e attività istituzionali dell’Università, senza farsene carico dell’intera gestione. Questo ibrido, estraneo all’ordinamento, agisce in potenziale conflitto con i Dipartimenti universitari, favorito dalla irresponsabilità e snellezza derivanti dalla sua caratteristica di ente di diritto privato. Si dà così luogo ad una Università schizofrenica, con doppia personalità giuridica, nella quale Mr. Hyde (la fondazione) finisce col cannibalizzare il Dr. Jeckyll (i Dipartimenti), spossessandolo non solamente sue funzioni, ma anche della capacità di relazionarsi al territorio e di attrarre risorse per la sua sopravvivenza.


Come si comprende, si tratta di decisioni gravi, destinate a incidere profondamente sulla vita della futura Università post-riforma, che necessitano di ponderate riflessioni e di ampia condivisione. Non può accettarsi che vengano invece assunte in totale autoreferenzialità da organismi in sostanza non legittimati. Non ci si riferisce tanto alla questione della validità delle proroghe, quanto piuttosto al fatto che il Senato Accademico, non essendo stato ancora rinnovato, risulta formato (tra gli altri) dai Presidi delle Facoltà. Ma le Facoltà, dal primo ottobre, sono scomparse. I Presidi, dunque, hanno perso responsabilità e funzione e svolgono di fatto un limitato ruolo di rappresentanza nell’assunzione di decisioni di carattere fondativo e straordinario, rispetto alle quali dovrebbero piuttosto avere piena voce i Direttori dei nuovi Dipartimenti.

Si invitano pertanto gli Organi di Governo dell’Università a ripensare in maniera attenta e ponderata lo statuto della fondazione, a revocare in autotutela le delibere relative alla sua costituzione e ad aprire (finalmente) un ampio dibattito nell’Università, necessario per evitare la realizzazione di enti che appaiono tradire la normativa vigente.

condiviso da ANDU, CGIL-FLC, Rete29Aprile

2 commenti:

Mariella Foti ha detto...

lettera aperta in risposta alla lettera aperta
Cari colleghi
nella mia ormai matura età ho ben imparato, per autodifesa, a non farmi più offendere dall'arroganza del potere ma purtroppo rimango ancora sempre colpita dal silenzio degli ignavi, dalla volontaria e assoluta mancanza di consapevolezza e spirito critico che ogni giorno registro in noi italiani, in noi cittadini messinesi e soprattutto in noi universitari. "Ricordati che voi siete la vetta del mondo" mi disse un giorno un collega veterinario anziano che aveva nella nostra Facoltà ancora un riferimento. Io oggi mi vergogno, di me, dei miei colleghi universitari, dell'esempio che diamo ai nostri ragazzi (figli e studenti), di come abbiamo deciso di non sapere, di non parlare, di non partecipare, di non essere protagonisti della nostra vita e delle scelte della collettività, di come facciamo sì che le cose ci cadano addosso, ineluttabili, estranee alla nostra coscienza, decise da Padri che sicuramente sanno meglio di noi qual'è il nostro bene.
Non è questo il mio concetto di "adulto", non è questo, tanto meno, il mio concetto di ricercatore/educatore.
Faccio appello alle forze buone del nostro Ateneo perchè ritrovino il vero spirito che dovrebbe animare chi fa e produce "cultura" (parolaccia!) oltre che brevetti e pubblicazioni da contabilizzare. Smettiamola di vivere di sorrisetti, mezze frasi, "...ma tanto si sa", "...ma tanto che mi importa", "...non mi riguarda", "...io non c'entro", "...sì, ho sentito qualcosa ma sto preparando un lavoro", "...ho da fare cose più serie, ho una scadenza"... è la cultura e la coscienza che sta scadendo, cerchiamo di mantenere almeno il rispetto per noi stessi e per il ruolo che ricopriamo.
Grazie a ANDU, FLC-CGIL e Rete29Aprile per l'esaustivo commento alla "costituenda fondazione" che sta per nascere in seno a un Ateneo di cui mi sento di far parte e nel quale voglio partecipare, comunicare, crescere e aiutare a crescere.
cari saluti
Mariella Foti

Unknown ha detto...

Ho letto il documento sulla fondazione e lo condivido pienamente. Ad eccezione, se permettete, della chiusura, che è politicamente assai rilevante, quando si dice che:

"Non ci si riferisce tanto alla questione della validità delle proroghe, quanto piuttosto..."

Perché "non ci riferisce tanto alla questione della validità delle proroghe"?

A Messina la Procura della Repubblica prova a squarciare il muro del silenzio stabilendo se gli organi accademici scaduti nel 2010 e 2011, apparentemente mai prorogati, abbiano legittimamente continuato a gestire l'Ateneo insieme ad un Rettore la cui permanenza in carica tra fine ottobre 2011 ed il 2012, anche a fronte delle sentenze del Consiglio di Stato e del comma 42-ter della legge di revisione della spesa, appare assai questionabile. Le indagini faranno il loro corso, con i loro tempi e le loro modalità e ne attendiamo fiduciosamente l’esito.
Eppure sorprendentemente il Rettore e gli organi di governo dell’Ateneo, non solo non ritengono di intervenire sulla questione della legittimità della propria permanenza in carica, non solo non si rendono protagonisti di un auspicabile passo indietro nell’interesse del decoro della istituzione che dovrebbero rappresentare, ma pervicacemente continuano ad onorare un cronoprogramma che tradotto in termini concreti potrebbe condurre alla occupazione capillare degli assetti di comando da parte degli ambienti legati agli attuali vertici ed alla consegna alla prossima amministrazione di una fondazione che, oltre a costituire premessa per la privatizzazione dell’Ateneo, garantirebbe un esilio dorato a chi, volente o nolente, di qui a breve sarà costretto a farsi da parte.
Qualora nella vicenda della legittimità della permanenza in carica degli organi di governo dell’Ateneo vi siano delle responsabilità sul piano amministrativo, lo stabiliranno nei debiti gradi di giudizio i tribunali amministrativi competenti. La Magistratura presto o tardi si occuperà di accertare la sussistenza di profili di illegittimità sul piano penale. Non può però sfuggire ad alcuno come vi siano forti responsabilità sul piano etico da parte di una amministrazione pervicacemente arroccata sulle proprie posizioni, che nell’imporre il proprio discutibile punto di vista in materia delle prospettive di sviluppo dell’Ateneo, rifiuta di farsi carico della questione della rappresentanza democratica, posto che – a prescindere dal fatto che si possano o meno configurare illeciti amministrativi o penali – i mandati molti di senatori accademici e consiglieri di amministrazione sono scaduti realmente tra il 2010 ed il 2011. Gli organi di governo hanno fatto la scelta irresponsabile di tirare dritto, sottraendosi alle legittime istanze di chiarezza da parte dei docenti dell’ateneo, ora schernendo coloro che per tutelare il proprio diritto al confronto ed alla partecipazione nelle scelte rilevanti per il destino dell’Ateneo avevano adito le vie legali, ora minacciando i ricorrenti di azioni disciplinari. La domanda che ci si pone è la seguente: riusciranno finalmente docenti, personale tecnico-amministrativo e studenti, di concerto con i sindacati e con la cittadinanza a farsi protagonisti di uno scatto di orgoglio, liberandosi dal giogo che soffoca l’Ateneo messinese senza demandare il proprio compito alla Giustizia?

Antonella Arena