martedì 26 febbraio 2013

4 domande per te, posson bastare!


Quattro semplici domande ai cinque candidati: un percorso che va dalle risposte secche ai bizantinismi più audaci

  1. Secondo lei, Tomasello dovrebbe dimettersi? E se sì, perché?

NAVARRA:«Essendo un convinto garantista, ritengo che chiunque subisca una condanna sia colpevole solo quando essa diventa definitiva. Dunque, eventuali dimissioni del Rettore credo debbano essere frutto di una scelta che attiene alla sua personale sensibilità».

TASSONE ROMANONon v'è dubbio che, in condizioni ordinarie, una condanna quale quella inferta al  rettore di Messina indurrebbe quest'ultimo a dimettersi, nel proprio interesse, oltre che in quello dell'Istituzione. La situazione attuale, tuttavia, non è affatto una situazione ordinaria, perché il mandato rettorale e' stato prorogato direttamente dalla legge, in vista del superiore interesse all'ordinato e coerente completamento del disegno di riforma dell'Ateneo, interesse rispetto al quale il legislatore ha evidentemente ritenuto pregiudizievole la cessazione "in itinere" del mandato stesso (o meglio, più plausibilmente, l'esperimento "in itinere" delle procedure di sostituzione elettiva). In questa specifica e particolare situazione, se ritenesse che il suo anticipato allontanamento dalla carica possa finire col nuocere, direttamente o indirettamente, all'interesse perseguito dal legislatore, il Rettore farebbe bene, a mio avviso, a rimettere il proprio mandato solo una volta messo al sicuro l'interesse stesso»

CUPAIUOLO: « Sì, e innanzitutto a salvaguardia dell'immagine dell'Ateneo».

FERLAZZO:«Premetto che non rispondo alle domande inviatemi in qualità di “aspirante candidata a rettore”, bensì di docente dell’Ateneo che ha avuto ruoli istituzionali. In tale veste, infatti, ho sempre espresso  chiaramente il mio pensiero sulle dinamiche universitarie senza personalismi, ma, nel 2007, ho proposto una candidatura “in opposizione” proprio a questo metodo di gestione dell’Università. Poiché, infatti, adesso l’attuale veste di “aspirante candidata” potrebbe ingenerare il sospetto che nelle mie risposte possa  trovar luogo un qualche personale interesse, cercherò di essere essenziale. Sono tuttavia innanzitutto convinta che si può dissentire da una presa di posizione individuale, ma  anche che, in democrazia e nell’ambito della legge, non si possa negare il diritto di decidere il proprio modo di comportarsi, rispondendone poi responsabilmente nelle sedi competenti e in funzione del proprio ruolo. Nel caso di specie, pertanto, il mio parere personale non sarebbe conducente».

VITA:«Uno dei cardini della nostra civiltà giuridica (che peraltro condivido) è che nessuno è colpevole fino a sentenza definitiva di condanna. Questo vale ovviamente anche per il “cittadino” Tomasello, al quale auguro di poter dimostrare al più presto la sua totale innocenza. Più articolata è la mia valutazione riguardo il Rettore Tomasello. Chi ricopre un incarico elettivo sa bene che le proprie vicende giudiziarie si riverberano inevitabilmente sull’Istituzione e per quanto mi riguarda so bene che il prof. Tomasello ha molto a cuore questo punto.  La decisione di dimettersi o meno è però un atto assolutamente personale, legato alle proprie convinzioni ed alle specifiche contingenze. Credo inoltre che il breve lasso di tempo che ci separa dalla scadenza del mandato Rettorale con una serie di fondamentali incombenze possa influenzare la decisione di non dimettersi o di rinviare le dimissioni».


  1. Tomasello è stato designato presidente della Fondazione universitaria, dovrebbe dimettersi anche da quella carica?

NAVARRA:«Il prof. Tomasello è stato nominato alla carica di Presidente della Fondazione dal Consiglio di Amministrazione dell’Università. Tuttavia, allo stato, non mi risulta alcun atto perfezionato davanti al notaio che abbia ratificato tale scelta. Pertanto, credo che, anche in questo caso, vi siano margini perché il prof. Tomasello possa riflettere sull’opportunità di dare o meno corso a tale decisione».

TASSONE ROMANO: «Per la Fondazione, riterrei opportuno che il Rettore si regolasse come per l'Ateneo: o ci si dimette da tutto o non ci si dimette da nulla».

CUPAIUOLO: «Sì»

FERLAZZO: «La sentenza di condanna del Rettore di una Università, infatti, non può passare inosservata presso gli organi gerarchicamente preposti, in questo caso il Ministro dell’Università. All’interno dell’Università, poi, lo stesso Statuto vigente prevede (art. 10) che, in particolari, gravi casi di sfiducia nel rettore in carica, si seguano precise prassi, con specifici interventi da parte degli organi collegiali preposti e, successivamente, della Comunità accademica – intesa quale Corpo elettorale- che, proprio su una eventuale mozione di sfiducia, viene coinvolta dal Decano per approvarla o meno. Tutto il resto, anche l’eventuale presidenza della Fondazione, diviene quindi conseguente».

VITA:«Non conosco esattamente a che punto sia l’iter del riconoscimento della Fondazione ma mi pare che essa non sia ancora operativa. Per me vale comunque la risposta che ho dato alla precedente domanda. Non bisogna però dimenticare che la Fondazione ha tra gli scopi precipui l’esercizio di attività di ricerca e qui l’autorità e l’autorevolezza scientifica a livello mondiale del prof. Tomasello non può essere messa in discussione».

  1. Pensa che questa sentenza nuoccia all'immagine dell'Università  degli Studi di Messina e soprattutto sminuisca il valore del titolo di studio conseguito presso l'Ateneo peloritano?

NAVARRA:«Credo che la sentenza arrechi danno all’immagine della nostra Università così come analoga sentenza arrecherebbe danno all’immagine di qualunque altra Università. Per quanto attiene agli effetti della sentenza sul valore dei titoli di studio conseguiti nella nostra Università, ritengo che, sebbene probabili, essi siano di entità trascurabile in un sistema universitario come quello italiano che non è affatto concorrenziale e che appiattisce il valore dei titoli di studio conseguiti nei diversi atenei»

TASSONE ROMANO:«La sentenza non gioca certo all'Università, ma non credo influisca sul valore del titolo rilasciato, che viene valutato dai datori di lavoro su altri parametri».

CUPAIUOLO: «Sì; non so però in grado di specificare fino a che punto sminuisca il valore del titolo di studio».

FERLAZZO: «Ritengo che l' attuale sentenza di condanna rinnovi un danno all’immagine dell’Università, che, però, è stato purtroppo già arrecato da tempo, come molti hanno periodicamente fatto notare. L’opinione pubblica interna e esterna all’Ateneo dovrà essere in grado di discriminare e attribuire correttamente le relative responsabilità nelle varie vicende giudiziarie che hanno visto coinvolto il rettore e altri soggetti. Sono certa, tuttavia, che il valore del titolo di studio conseguito nella nostra Università non dipende solo dall’immagine dell’Ateneo, che certamente viene scalfita da tali vicende, ma si avvale anche, e soprattutto, dell’impegno e del valore di tanti Colleghi che quotidianamente si dedicano con il proprio lavoro didattico e di ricerca agli Studenti che ancora oggi si affidano fiduciosi alla nostra Università».

VITA:«Certamente questa sentenza aumenta il grado di sfiducia interna ed esterna verso l’Istituzione Universitaria , così come lo fanno tutti quei fatti incresciosi riportati nel passato ma anche molto recentemente sul cosiddetto nepotismo accademico. Per quanto mi riguarda questo è uno dei motivi più importanti della mia disponibilità a candidarmi, proprio perché porto al giudizio interno ma anche esterno unicamente la mia storia personale. Il valore dei titoli di studio è soprattutto legato alla riconosciuta professionalità dei Colleghi».


  1. Se lei fosse stato al posto di Tomasello, si sarebbe dimesso?

NAVARRALa mia sensibilità mi imporrebbe le dimissioni. In questi casi credo sia meglio esercitare il proprio diritto alla difesa separando la sfera personale da quella istituzionale. Una cosa è, infatti, proclamare la propria innocenza nella fase istruttoria di un’indagine, altra cosa è dover provare la propria non-colpevolezza una volta che sia intervenuta una sentenza sfavorevole».

TASSONE ROMANOE’ quello che probabilmente sentirei di fare a caldo. Poi, a mente fredda, penso che terrei conto di quanto ho esposto prima»

CUPAIUOLO:« Sì , ma lo avrei fatto molto prima»

FERLAZZO:«Se, e sottolineo se, mi fossi trovata in tale condizione, non avrei esitato. Le motivazioni sono facilmente comprensibili: ai sensi dell’art. 9 dello Statuto vigente “il rettore è il rappresentante dell’Università….; ha la responsabilità del perseguimento delle finalità dell’Università secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza, trasparenza e promozione del merito”. Oltre a svolgere un ruolo di servizio, quindi, il Rettore deve responsabilmente garantire il rispetto di alcuni principi condivisi con la Comunità accademica che lo ha eletto; la sentenza, anche se non definitiva, ha comunque, già in questo momento, evidenziato proprio il mancato rispetto di alcuni di tali criteri».

VITA:«Mi è già capitato di dimettermi da incarichi istituzionali non per fatti giudiziari ma solamente perché non condividevo le scelte gestionali. Si, se fossi convinto che un mio passo indietro servisse a tutelare l’interesse dell’Università e l’onorabilità di chi ci opera, io mi dimetterei».

courtesy by 'Tempostretto.it

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