giovedì 19 dicembre 2013

chiamatela...Solidarietà


SOLIDARIETÀ VERA PER I PROFUGHI ALL’UNIVERSITÀ DI MESSINA.

LETTERA APERTA AL RETTORE NAVARRA SU EMERGENZA IMMIGRAZIONE 


Nell’Ottobre 2013, in seguito a quello che è forse il più eclatante naufragio sinora avvenuto

al largo di Lampedusa, il Comune di Messina si dichiara, pur nell’assenza di strutture idonee,

disponibile ad ospitare alcuni richiedenti asilo approdati nell’isola. La Prefettura di Messina chiede

all’Università degli Studi di Messina di rendere disponibile allo scopo parte del proprio patrimonio

immobiliare. La “Commissione Sicurezza” della Prefettura, dopo avere scartato un residence

universitario perché inidoneo ai fini della sorveglianza, individua in quella che è una struttura

sportiva d’eccellenza, il “Palanebiolo”, il sito adatto ad ospitare la prima ondata di centottanta

richiedenti asilo.

Fra Ottobre e dicembre un primo gruppo di 180 uomini e minori viene accolto in una

camerata approntata dentro un campo da basket al chiuso. Com’è prevedibile, il “Palanebiolo” non

dispone di servizi igienici idonei ad accogliere questa massa di persone e finisce presto col

presentare gravi problemi igienico-sanitari. Vengono identificati dei presunti casi di scabbia e le

persone sospettate di esserne affette vengono isolate nell’anticamera dei bagni. I volontari che si

sono mobilitati per prestare assistenza legale scoprono, a tre settimane dall’arrivo dei richiedenti

asilo, decine di casi riguardanti persone con ferite e traumi riportati nel corso del lungo viaggio

verso la Sicilia e altre patologie non adeguatamente curate. Il caso più eclatante, ma non certamente

l’unico, riguarda un giovane che riporta una frattura alla gamba risultante da una ferita da arma da

fuoco, lasciato per oltre venti giorni senza cure mediche adeguate in ragione di inspiegabili

problemi burocratici che ne avrebbero impedito l’accesso all’ospedale.

Mentre questa prima fase dell’emergenza tende lentamente a sgonfiarsi e i richiedenti asilo

vengono inviati presso dei Cara e degli Sprar in varie parti del territorio italiano, una tendopoli atta

ad ospitare oltre duecento persone viene montata nella sezione esterna del Palanebiolo,

specificamente nel campo da baseball (esposta dunque a pioggia, freddo e, soprattutto, fango).

A questo punto il Comune apre un vero e proprio scontro istituzionale con la Prefettura,

proponendo un sito alternativo (il residence “Le dune”) che, per motivi tecnico-giuridici, non viene

neanche considerato dall’autorità prefettizia. A inizio dicembre, e per alcuni giorni, il Palanebiolo si

svuota completamente, pur restando in piedi la Tendopoli. Mentre la stampa locale parla della

“restituzione delle chiavi” del Palanebiolo all’Università, in molti si interrogano sul significato di

quelle tende rimaste erette nel campo da baseball. La risposta arriva presto: altri centosessanta

uomini, donne e minori vengono fatti affluire nel campo.

Ma questa volta la strategia della Prefettura muta: i nuovi giunti vengono smistati

rapidamente e gli arrivi si succedono velocemente. È nel corso di questa seconda fase che la stampa

conferma la voce che da tempo circolava tra gli addetti ai lavori: l’Università di Messina entra a far

parte di un nuovo programma, non previsto dal Testo Unico sull’Immigrazione e dalla normativa in

materia di richiedenti asilo, consistente nella creazione di strutture di smistamento presso cui

ospitare migranti e rifugiati in attesa di fare ingresso presso centri regolamentari.

 La struttura sportiva dell’Ateneo messinese è entrata così a fare parte di una tragica storia di

contenimento e sostanziale limitazione dei diritti in atto in Europa, in ragione della scelta

dell’autorità prefettizia e del Ministero degli Interni di tenere insieme centinaia di persone

all’interno di una struttura inidonea a ospitare esseri umani per più di qualche ora e del rifiuto netto

a distribuirle nel territorio, nonostante la disponibilità manifestata da diverse associazioni, da alcune

parrocchie e da singoli cittadini e famiglie.

I risultati delle ricerche accademiche svolte sulle emergenze umanitarie succedutesi negli

ultimi vent’anni hanno dimostrato che situazioni molto simili a quelle che si stanno compiendo a

Messina, iscritte nella retorica della solidarietà, si sono purtroppo convertite in pratiche di

limitazione della libertà dell’individuo migrante, nella sua depersonalizzazione e ghettizzazione,

oltre che in “stati di eccezione” insostenibili sul piano teorico e giuridico.

In ragione di queste considerazioni e per potere meglio assecondare quei principi di

solidarietà che lo hanno certamente indotto a concedere quello spazio, nel nostro ruolo di docenti

universitari, ricercatori, studenti e cittadini democratici, chiediamo al Magnifico Rettore

dell’Università degli Studi di Messina, prof. Pietro Navarra: 1) di promuovere un’assemblea

pubblica aperta alla comunità accademica, studentesca e amministrativa, oltre che al V quartiere,

per valorizzare le competenze interne all’Ateneo in vista dell’individuazione di soluzioni

alternative; 2) che, così come fatto da altri atenei in situazioni analoghe, venga nominata una

commissione composta da studiosi di diritto, medicina e scienze sociali che affianchi i richiedenti

asilo e i migranti per offrire supporto; 3) di promuovere una campagna di solidarietà volta

all'accoglienza dei richiedenti asilo nelle case di coloro che – studenti, docenti e personale tecnico-
amministrativo – ne abbiano volontà e disponibilità; 4) di predisporre un atto di revoca della

disponibilità espressa all’impiego del “Palanebiolo”; 5) di farsi promotore di un rinnovato tavolo

istituzionale con l’Amministrazione comunale, la Prefettura e le altre autorità competenti per

discutere delle soluzioni individuate.

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