SOLIDARIETÀ VERA PER I PROFUGHI ALL’UNIVERSITÀ DI MESSINA.
LETTERA APERTA AL RETTORE NAVARRA SU EMERGENZA IMMIGRAZIONE
Nell’Ottobre 2013, in seguito a quello che è forse il più eclatante naufragio sinora avvenuto
al largo di Lampedusa, il Comune di Messina si dichiara, pur nell’assenza di strutture idonee,
disponibile ad ospitare alcuni richiedenti asilo approdati nell’isola. La Prefettura di Messina chiede
all’Università degli Studi di Messina di rendere disponibile allo scopo parte del proprio patrimonio
immobiliare. La “Commissione Sicurezza” della Prefettura, dopo avere scartato un residence
universitario perché inidoneo ai fini della sorveglianza, individua in quella che è una struttura
sportiva d’eccellenza, il “Palanebiolo”, il sito adatto ad ospitare la prima ondata di centottanta
richiedenti asilo.
Fra Ottobre e dicembre un primo gruppo di 180 uomini e minori viene accolto in una
camerata approntata dentro un campo da basket al chiuso. Com’è prevedibile, il “Palanebiolo” non
dispone di servizi igienici idonei ad accogliere questa massa di persone e finisce presto col
presentare gravi problemi igienico-sanitari. Vengono identificati dei presunti casi di scabbia e le
persone sospettate di esserne affette vengono isolate nell’anticamera dei bagni. I volontari che si
sono mobilitati per prestare assistenza legale scoprono, a tre settimane dall’arrivo dei richiedenti
asilo, decine di casi riguardanti persone con ferite e traumi riportati nel corso del lungo viaggio
verso la Sicilia e altre patologie non adeguatamente curate. Il caso più eclatante, ma non certamente
l’unico, riguarda un giovane che riporta una frattura alla gamba risultante da una ferita da arma da
fuoco, lasciato per oltre venti giorni senza cure mediche adeguate in ragione di inspiegabili
problemi burocratici che ne avrebbero impedito l’accesso all’ospedale.
Mentre questa prima fase dell’emergenza tende lentamente a sgonfiarsi e i richiedenti asilo
vengono inviati presso dei Cara e degli Sprar in varie parti del territorio italiano, una tendopoli atta
ad ospitare oltre duecento persone viene montata nella sezione esterna del Palanebiolo,
specificamente nel campo da baseball (esposta dunque a pioggia, freddo e, soprattutto, fango).
A questo punto il Comune apre un vero e proprio scontro istituzionale con la Prefettura,
proponendo un sito alternativo (il residence “Le dune”) che, per motivi tecnico-giuridici, non viene
neanche considerato dall’autorità prefettizia. A inizio dicembre, e per alcuni giorni, il Palanebiolo si
svuota completamente, pur restando in piedi la Tendopoli. Mentre la stampa locale parla della
“restituzione delle chiavi” del Palanebiolo all’Università, in molti si interrogano sul significato di
quelle tende rimaste erette nel campo da baseball. La risposta arriva presto: altri centosessanta
uomini, donne e minori vengono fatti affluire nel campo.
Ma questa volta la strategia della Prefettura muta: i nuovi giunti vengono smistati
rapidamente e gli arrivi si succedono velocemente. È nel corso di questa seconda fase che la stampa
conferma la voce che da tempo circolava tra gli addetti ai lavori: l’Università di Messina entra a far
parte di un nuovo programma, non previsto dal Testo Unico sull’Immigrazione e dalla normativa in
materia di richiedenti asilo, consistente nella creazione di strutture di smistamento presso cui
ospitare migranti e rifugiati in attesa di fare ingresso presso centri regolamentari.
La struttura sportiva dell’Ateneo messinese è entrata così a fare parte di una tragica storia di
contenimento e sostanziale limitazione dei diritti in atto in Europa, in ragione della scelta
dell’autorità prefettizia e del Ministero degli Interni di tenere insieme centinaia di persone
all’interno di una struttura inidonea a ospitare esseri umani per più di qualche ora e del rifiuto netto
a distribuirle nel territorio, nonostante la disponibilità manifestata da diverse associazioni, da alcune
parrocchie e da singoli cittadini e famiglie.
I risultati delle ricerche accademiche svolte sulle emergenze umanitarie succedutesi negli
ultimi vent’anni hanno dimostrato che situazioni molto simili a quelle che si stanno compiendo a
Messina, iscritte nella retorica della solidarietà, si sono purtroppo convertite in pratiche di
limitazione della libertà dell’individuo migrante, nella sua depersonalizzazione e ghettizzazione,
oltre che in “stati di eccezione” insostenibili sul piano teorico e giuridico.
In ragione di queste considerazioni e per potere meglio assecondare quei principi di
solidarietà che lo hanno certamente indotto a concedere quello spazio, nel nostro ruolo di docenti
universitari, ricercatori, studenti e cittadini democratici, chiediamo al Magnifico Rettore
dell’Università degli Studi di Messina, prof. Pietro Navarra: 1) di promuovere un’assemblea
pubblica aperta alla comunità accademica, studentesca e amministrativa, oltre che al V quartiere,
per valorizzare le competenze interne all’Ateneo in vista dell’individuazione di soluzioni
alternative; 2) che, così come fatto da altri atenei in situazioni analoghe, venga nominata una
commissione composta da studiosi di diritto, medicina e scienze sociali che affianchi i richiedenti
asilo e i migranti per offrire supporto; 3) di promuovere una campagna di solidarietà volta
all'accoglienza dei richiedenti asilo nelle case di coloro che – studenti, docenti e personale tecnico-
amministrativo – ne abbiano volontà e disponibilità; 4) di predisporre un atto di revoca della
disponibilità espressa all’impiego del “Palanebiolo”; 5) di farsi promotore di un rinnovato tavolo
istituzionale con l’Amministrazione comunale, la Prefettura e le altre autorità competenti per
discutere delle soluzioni individuate.
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